Roma, 18 febbraio 2015 - “Le liberalizzazioni sui farmaci finora non sembrerebbero aver portato alcun vantaggio ai pazienti, a parte la comodità di avere una più facile disponibilità di punti vendita che però potenzialmente li espone alle conseguenze di consumare più farmaci che non sono una merce simile a qualunque altra”. E’ quanto sottolinea l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che riporta sul suo sito le tabelle a partire dalle liberalizzazioni di Bersani nel 2006, da cui emerge come “non vi sono stati risparmi per i cittadini visto che la spesa a loro carico ha avuto una crescita del +2,2% dal 2006 al 2013. A fronte di un paziente che per effetto della crisi tendeva a contrarre il volume dei propri acquisti di medicinali di fascia C, il sistema produttivo e distributivo ha “compensato” sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali. Se l'obiettivo della liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C-SOP/OTC era quello di rappresentare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio a loro vantaggio, i dati obiettivi e certificati evidenziano il completo fallimento di tale presupposto, perlomeno nel settore dell'assistenza farmaceutica - sottolinea l’Agenzia -. Infatti l'effetto economico di provvedimenti, nell'intento pro-concorrenziali, ha paradossalmente determinato un complessivo aggravio per i cittadini di circa 200 milioni di euro (2.298 vs. 2.094, pari a +9,7% nel 2013 vs. 2006), nonostante la contrazione dei consumi. Tale scenario non ha caratterizzato i medicinali di fascia C con ricetta che, oltre ad aver subito una rilevante riduzione del consumo (soprattutto dopo il 2012, ovvero dopo la riclassificazione da DM 18 aprile 2012), hanno avuto anche una contrazione della spesa a carico del cittadino del -3%”.