Congresso della Società Italiana di Urologia Oncologica: 9 uomini su 10 superano la malattia, essere seguiti da un team multidisciplinare è fondamentale per vivere meglio
di Vera Martinella (Corriere della Sera, 26/072015)
«Tutto è accaduto nove anni fa, era il 2006. Già da molto tempo soffrivo per un adenoma prostatico e per questo tenevo controllato il PSA (l’antigene prostatico specifico, un'enzima che viene prodotto dalla prostata in grado di segnalare varie anomalie nell’organo come un’infiammazione o anche un tumore, ndr) attraverso test annuali concessi dalla mia. A un certo punto il mio PSA ha evidenziato valori e trend compatibili con una patologia di tipo oncologico. Alcuni mesi dopo, a seguito di una serie di biopsie e altri controlli, è arrivata la diagnosi definitiva di cancro. Io, mia moglie e le mie due figlie siamo stati come folgorati. Non è stato un momento facile: i medici con estrema sincerità mi hanno comunicato fin da subito che ero un paziente complicato da gestire. Sono obeso e soffro di ipertensione fin da quando avevo 30 anni». Così l’ultra 60enne milanese Leonardo racconta, fra le altre, la sua storia nel libro Un’esperienza chiamata cancro (autori Mauro Boldrini e Sabrina Smerrieri, Intermedia Editore), presentato nei giorni scorsi a Roma durante il congresso nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO).
Oggi 9 pazienti su 10 superano la malattia
Con 36milanuove diagnosi l’anno il tumore della prostata rappresenta il 20 per cento di tutti quelli diagnosticati nell’uomo a partire dai 50 anni di età, con un’incidenza maggiore soprattutto tra gli over 60. Ma oggi fortunatamente, nove pazienti su dieci superano la malattia. Dal 1995, infatti, la sopravvivenza globale è sensibilmente migliorata grazie a una diagnosi precoce e mirata e ai nuovi trattamenti combinati (farmaci, chirurgia, radioterapia) sempre più efficaci e meno invasivi che consentono di cronicizzare la malattia senza alterare la qualità di vita dei pazienti. «Un successo importante determinato da numerosi fattori – spiega Riccardo Valdagni, presidente eletto della SIUrO –, dalla migliore conoscenza della malattia alle nuove strategie terapeutiche ora a disposizione dei medici». In particolare per i pazienti con un carcinoma in fase avanzata, metastatico e resistente alle cure tradizionali, uno dei fattori più importanti è rappresentato dalla disponibilità di nuovi farmaci (che affiancano i «classici» chemioterapici come docetaxel e cabazitaxel) in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza.
Leonardo: «Fare domande e parlare con più specialisti è fondamentale per vivere meglio»
Leonardo è stato sottoposto all’intervento di prostatectomia radicale, che si è presentato particolarmente complesso, considerando sia le sue condizioni di salute generale che la scelta di procedere con la tecnica del nerve sparing (utilizzata, quando possibile, per risparmiare i nervi deputati all’erezione e salvare quindi la sessualità del paziente). L’intervento non è stato in grado di eradicare subito completamente la malattia e all’inizio del 2008 Leonardo si sottopone a 26 cicli di radioterapia. «Devo ammettere che non è stata proprio una passeggiata – racconta -: la cura provoca, infatti, numerosi effetti collaterali. Adesso la mia situazione clinica si sta stabilizzando e da qualche anno mi sento decisamente meglio, tuttavia a livello sessuale non sto vivendo molto bene le sequele indesiderate delle terapie: per contrastare la disfunzione erettile mi era già stata prescritta qualche anno fa una cura che però non ho potuto seguire a causa della scarsa compatibilità dei farmaci per la disfunzione erettile con quelli attinenti altre patologie da cui sono affetto: fibrillazione atriale e ipertensione arteriosa. Ma con i medici che mi seguono stiamo cercando una soluzione: ho sempre fatto mille domande per capire meglio la mia malattia e per essere aiutato a gestire trattamenti ed effetti collaterali nel migliore dei modi possibili». Leonardo racconta anche di aver capito l’importanza di essersi fatto curare in un centro dotato di un’equipe multidisciplinare: «Il tumore alla prostata è una patologia molto complessa, ed è difficile trovare un unico professionista che possieda una conoscenza multidisciplinare approfondita e che quindi abbia una visione globale del disturbo. La mia battaglia contro il cancro non è finita – conclude -, ma sono molto fiducioso di riuscire ancora una volta a vincere, magari anche con un po’ di fortuna e l’aiuto dei molti medici che mi seguono in questo percorso».
Una patologia subdola, prevenzione fondamentale
Chiedere spiegazioni e sostegno, ricordano gli specialisti, è fondamentale perché solo da un confronto continuo tra medico e paziente si può trovare la strada migliore verso una buona qualità di vita del malato. Troppo spesso, invece, gli uomini per pudore o vergogna tacciono e i medici, sempre pressati da mille urgenze, non chiedono. «Infine non bisogna dimenticare che il tumore alla prostata è sensibile ai fattori esterni – conclude Giario Conti, presidente uscente della SIUrO -: il consumo di tabacco può essere responsabile della malattia così come l’alimentazione e gli stili di vita. È una patologia subdola che, spesso, non presenta sintomi fino allo stadio avanzato la prevenzione è fondamentale. Svolgere una regolare attività fisica, seguire un’alimentazione equilibrata e povera di grassi su modello della dieta mediterranea, non fumare e non eccedere nel consumo di alcolici rappresentano la prima vera strategia di difesa contro i tumori a qualunque età».